Cascate del Niagara: quando la realtà è più bella del sogno
Last Updated on 16 Gennaio 2020 by latartarugavolante
E dopo tanti anni ci sono riuscita, sono davanti alle Cascate del Niagara. Sono arrivata alla quarta tappa del nostro viaggio 🙂
In molti mi avevano avvisata “vedrai che delusione“, “troppa gente“, “troppo turistiche“… quindi ero partita senza aspettarmi nulla, anzi aspettandomi il peggio. In Bus da Toronto, mentre osservavo la strada e gli alberi scivolare via lentamente, pensavo a quante volte avevo sognato le Cascate del Niagara.
Il sogno delle Cascate del Niagara
A dire il vero, tutto è nato dal film con Merylin Monroe, Niagara, non so se ve lo ricordate. Io mi immaginavo di essere li, seduta davanti ad un piccolo albergo che dava sulle Cascate, con una tazza di caffè in mano e con le gocce d’acqua che mi arrivavano in faccia. E la realtà, qual’è stata? Aspettate, troverete tutto più avanti.
Il viaggio in Bus, al di là che è stato assurdo (ve ne parlerò a parte, altrimenti tutta la magia della cascate se ne va sotto il materasso) mi ha permesso di staccarmi da Toronto, girare pagina mentalmente, e avvicinarmi, chilometro dopo chilometro, all’incanto delle Cascate del Niagara.
Arrivati alla stazione di Niagara Falls ad aspettarci solo il caldo, tanto tanto caldo e deserto. Non mi aspettavo nulla di simile. Io che immaginavo una piccola stazione color giallo tenue, con un bel prato verde e con una fontana piena di uccellini.
Ed invece? Un vecchio edificio di cemento, bruttino, in mezzo ad un piazzale di cemento e sabbia.
Di verde solo alcune foglie rimaste attaccate, per caso, ad alberi così sottili che ti veniva voglia di dare loro un po’ di fertilizzante. Il piazzale dava su un lungo viale dove non c’era anima viva. Case vecchie, con sedie a dondolo un po’ malandate abbandonate davanti alla porta e macchine ammaccate e dal colore stinto dal troppo sole, parcheggiate sull’erba color giallo che pareva urlare “non vedo acqua da mesi“.
Vista la situazione, prendiamo le valigie e ci incamminiamo. Non si sentiva nessun rumore, nemmeno le gocce di sudore cadevano per terra, evaporavano prima.
Ma ero così eccitata dall’idea di essere li che non sentivo nè la stanchezza, né il sudore, né il caldo afoso. E appena arrivati nella “nostra casa” e messo giù le valigie, sono corsa fuori, ho caminato un po’ lungo il fiume finchè le ho intraviste. Finalmente le ho viste. Sembrerà stupido ma ero davvero emozionata. In quel momento era come se fossi entrata in un quadro, quell’immagine che per tanti anni avevo visto e rivisto, ora era li, la potevo toccare, mi potevano toccare.
Ero tanto felice, ma era tempo di vederle meglio. Non avevo esattamente idea di come fossero. Avevo letto un pò di articoli sulle Cascate, ma non ero riuscita a capire come fossero, grandi o piccole, strette o larghe, alte o basse. Tutti ne parlavano, ma credetemi, nessuno le aveva descritte.
La realtà delle Cascate del Niagara
Dalla nostra casa alle Cascate non era tanta strada. Quel giorno, poi, avevo un passo da “finale olimpica dei 400 metri“, tanto che Frank non riusciva a starmi dietro. Più ci avvicinavamo alle Cascate e più iniziavamo a vedere gente. Dapprima alcune persone, poi alcune insegne luminose, poi la classica Chitarra del Hard Rock Cafè appesa ad un palazzo vecchiotto e, alla fine, la folla.
Colori che si mescolavano, visi stranieri che si incastravano a parole, che arrivavano con la stessa intensità dei raggi del sole. Gente accalcata al muretto che dava sulle cascate, gente distesa sul prato dall’altra parte della strada. E finalmente loro, le Cascate del Niagara.
A prima vista non sono grandi. Se le paragono alle imponenti Cascate Vittoria in Zimbabwe, queste sono due torrenti che fanno i capricci. Sono due le Cascate del Niagara, una che guarda dritta il fiume, e l’altra che lo sembra sostenere. Sono distanti fra di loro alcune centinaia di metri, ognuna sembra seguire un suo ritmo. Ognuna danza su musiche diverse, note che non trovano mai fine e che rimbalzano da una parte all’altra del fiume. Due corsi differenti, rumorosi, che trovano poi pace nello stesso letto. Questa è la magia di Niagara.
Le due cascate sono come due amanti, che si rincorrono, che non si incrociano mai e che alla fine si ritrovano e tutta la loro forza, la loro potenza, si trasforma in un tenero e infinito abbraccio. Vabbè, sono troppo romantica, ma è così che le ho viste io.
Ma la realtà vera, quella delle Cascate del Niagara reali, com’è?
Per me è stato amore a prima vista, e come non poteva esserlo, dopo averle dipinte come due amanti? A parte gli scherzi, a me sono piaciute davvero. La gente era tanta, verissimo, in mezzo alla folla non si sentiva la forza delle Cascate. Ma è bastato spostarsi di pochi metri e all’improvviso tutta la folla era sparita ed eravamo rimasti noi e l’acqua. E’ incredibile la potenza della natura. Acqua che scorre incessante, continua, possente. Acqua che fa la prima donna a Niagara. In alcune zone è lei che irrompe, bagnandoti i vestiti e i capelli. In altre parti invece urla, rendendo difficile sentire qualunque altro suono.
Fra tutte le zone che mi sono piaciute, due sono state quelle da cui non me ne sarei più andata:
- la parte più a sud del settore canadese
- la parte centrale del settore americano
Il settore canadese – la parte più a sud
Per vedere meglio le cascate, e allontanarsi dalla massa di gente, abbiamo camminato lungo tutto il fiume, partendo dal Rainbow Bridge. Nella parte centrale c’è il massimo della confusione. E’ qui che parte la crociera, Hornblower, e da qui si parte anche con la Zip Line. Ma soprattutto da qui abbiamo visto le cascate americane in tutta la loro ampiezza. Questo è il punto di osservazione più bello.
Ma era impossibile restare. Fra un piede pestato e una cavalletto dato in testa ad una cinese che si stava facendo un selfie, abbiamo accelerato fino ad arrivare al Table Rock Center. Questa è la parte finale, o iniziale a seconda di come le si guarda, delle Cascate canadesi. Siamo esattamente nella curva, da dove il fiume placido precipita in una nube bianca e spumosa.
Dal muretto mi sono sporta un po’ fino quasi a toccarle. Erano così vicine, che potevo sentire quasi il loro respiro. Sentivo la forza dell’acqua che pareva quasi trattenersi. Mentre ero pronta per scattare qualche foto, una folata di vento e “sciuuuuuu” capelli, maglietta e naturalmente obiettivo, tutto era fradicio. Ma in un secondo era tutto già asciutto.
Journey Behind the Falls – Percorso sotto le cascate
La zona meridionale delle cascate è meravigliosa, soprattutto perchè abbiamo trovato meno gente. E’ una delle zone delle Cascate del Niagara in cui abbiamo potuto mangiare seduti e in pace, nell’onnipresente Tim Horton naturalmente.
Vedere le Cascate è un po’ come essere a teatro: seduti ad ascoltare i dialoghi, emozionarsi, sentirsi parte del palco. E’ stato proprio guardando l’intensità dell’acqua che mi è venuta voglia di avvicinarmi ancora di più. Mi mancava qualcosa e quella cosa era riuscire a parlare con la cascata. E’ stata con l’esperienza del Journey Behind the Falls (percorso sotto le cascate), che ho sentito fino in fondo la forza della natura, oltre che bagnarmi completamente.
Frank non aveva voglia di venire, così gli ho lasciato lo zainetto e la macchina fotografica, e ho iniziato il percorso assieme ad un gruppo di altre 5 persone. Dapprima siamo passati sotto una caverna. Sentivo il rumore della cascata rimbombare, era un suono pieno, continuo, quasi mi cadesse addosso. Poi siamo usciti e la cascata era li, imponente, forte, estrema, continua. Da una parte mi ha fatto paura, ci si rende conto di essere impotenti davanti a tanta forza. Ma al tempo stesso era delicata, come fosse un gigante che ti abbraccia senza farti del male. Mi è dispiaciuto risalire, sarei rimasta li più tempo, se non fosse che ero bagnata fradicia e oramai stava facendo buio.
Il settore Americano – la parte centrale
Il giorno dopo abbiamo deciso di passare sul lato americano, eravamo curiosi di scoprire cosa si vedeva da quel lato. Ovunque, avevo letto che il lato canadese era quello più bello, ma lo sapete ormai, sono peggio di San Tommaso.
Passare sul lato americano a piedi è stato come andare a Berlino est durante la guerra fredda. Al Rainbow Bridge si saluta il Canada, inserendo una moneta da 1 dollaro canadese. Si attraversa il ponte, da cui si ha una vista pazzesca del fiume e delle cascate. E nonostante questo non c’è quasi mai nessuno.
Arrivati sul lato americano ci si ritrova davanti ad una porta di vetro e li si deve aspettare che qualcuno clicchi il bottone per aprire. Dopo un po’ di attesa un tizio ci fa cenno di entrare. Allo sportello la guardia controlla i passaporti e ci fa mille domande. Perchè volete entrare? Dove dormirete? Quanto tempo starete? Chi vi accompagna? Dove avete la macchina? Come mai avevate già l’Esta? Sembrava non riuscire a capire che stavamo facendo un semplice giro a piedi. A piedi, un giorno, da soli? A questo punto ho capito che non erano in molti a fare questo. Cosa che è invece consigliatissima per vedere con calma entrambi i lati.
Comunque, pagati 6 Usd a testa per entrare e per il visto USA, siamo approdati su suolo americano. Ero contenta come se avessi toccato il suolo lunare, tanto è stato faticoso il passaggio. Negli USA sono molto più organizzati. Trenino per muoversi, un parco gigantesco, un enorme centro commerciale e una piattaforma di vetro che da sul Niagara. Ma fra tutti ciò che mi è piaciuto è stata la vista dal Nikola Tesla Monument.
Vista dal versante USA
Dopo aver camminato in lungo e in largo per la Goat Island, il Discovery Center e la Green Island, abbiamo percorso un sentiero in mezzo a folti alberi verdi che costeggia il fiume. Qui il fiume è tranquillo, rilassante. Uccellini che cinguettano, scoiattoli che saltano da un albero all’altro. Nulla fa pensare che a pochi metri da li ci sono delle rapide, forti, pericolose, travolgenti. Pochi passi e ci ritroviamo sulle cascate. Da qui le sentiamo e soprattutto loro si fanno sentire, bagnandoci a più riprese.
Le cascate da qui si vedono da un altra prospettiva e soprattutto era sorprendente il binomio, cascate potenti e fiori delicati. E’ stata una bella sorpresa questa parte del lato americano, ben diversa da quanto mi aspettavo e anche meno affollata. Verso sera facciamo ritorno in Canada. Il rientro è stato facile, nessun controllo, nessuna monetina.
Quale lato ho preferito?
Entrambi. Sono diversi, entrambi meritano una visita. Dal lato canadese si vede meglio la cascata in tutta la sua ampiezza. Dal lato americano si tocca la sua forza, si sente la violenza dell’acqua. Non bisogna per forza scegliere. Basta attraversare il ponte, il ponte arcobaleno!
Crociera sotto le cascate
Non potevo non provare questa esperienza. Certo, molto turistica. Si, ma davvero unica. Siamo saliti sulla Hornblower (la sorella rossa canadese della Maid of the Mist), dopo aver ritirato il poncho rosso e fatto mezz’ora di fila. Non si è stati alle Cascate se non si ha il poncho! Non so in quanti eravamo, ma la barca era piena. Vedevo solo rosso ovunque all’inizio. Poi mano a mano che la barca ha iniziato ad avvicinarsi alle cascate neppure il rosso si vedeva più. Parlavo con Frank e ridevo. L’acqua mi entrava in bocca a secchiate, e ridevo. Socchiudevo gli occhi per vedere Frank e ridevo.
Le cascate? Non le ho viste, le ho vissute. Ho sentito l’acqua scendere ovunque. Ero parte integrante delle cascate. Mai divertita tanto. Io che sembravo un mocio appena imbevuto e strizzato, non so come, ma alcune ragazze vicino a me erano ancora truccate e in posa per il selfie. Il selfie? Incredibile. Nemmeno la natura, la potenza unita all’armonia delle cascate, ha fatto dimenticare loro il selfie.
Zip Line
Non mi sono fatta mancare nulla. Potevo non provare la Zip Line? Certo che no. Al contrario di ciò che si può pensare non fa paura. Ci si imbraga per bene, si indossa il casco e zip … si parte. Nemmeno cinque minuti e tutto è finito. La vista è spettacolare, ma non unica. Esperienza che vale più per dire “l’ho fatto” che per l’emozione provata, almeno per me. Divertente di sicuro, ma talmente breve che non ci si rende nemmeno conto di averla fatta.
L’altra faccia di Niagara
Dopo aver sperimentato ogni “must to do” alle Niagara Falls, sentivo il bisogno di capire meglio questo paesino. Perchè al di la delle cascate e della via principale che sembra una Las Vegas in miniatura, mi sembrava un paesino tranquillo.
E’ assolutamente pazzesco il contrasto fra il King Kong appiccicato al grattacielo, la casa sottosopra e i sobborghi di Niagara con il River Park. Da una parte i colori, i suoni, la confusione, il luccichio della festa e dall’altra la pace e il verde della natura.
Passeggiare nei sobborghi della città e lungo il fiume è un po’ come ritrovare il tempo. Il tempo per vivere i ritmi di chi ci abita. Entrare in un minimarket disordinato e rendersi conto che la titolare non sa cosa sia il Succo d’Acero. Il tempo per guardare il fiume, vedere l’ansa e osservare la corrente che crea turbini impossibili. Il tempo poi per le case in stile vittoriano dai colori tenui. Case con giardini curatissimi, tetti spioventi, patii sorretti da colonne intarsiate e finestre a sbalzo.
Mi fermavo davanti alle case e click, foto. Un altra, click foto, finchè davanti a quella bianca faccio click e, spunta un signore. Avevo paura fosse scocciato, invece mi ha chiesto di fargli la foto della casa e mandargliela via email. Avrei trovato lavoro, fossi rimasta li.
Abbiamo parlato un pò e mi ha raccontato che è nato e vissuto ad Hong Kong (ironia della sorte, è stata la prima tappa del mio viaggio) ma da tre anni si è trasferito, dopo un viaggio in Canada. Si è innamorato della zona, ma a Toronto le case come la sua costano il doppio. Qui a Niagara fa l’idraulico, c’è una grande richiesta di idraulici perchè le case sono vecchie e d’inverno fa molto freddo. Quasi quasi mi trasferisco e faccio la “aiuto-idraulica”.
Cascate del Niagara: quando la realtà è più bella del sogno
Il mio viaggio alle Cascate del Niagara è giunto al termine. Un altro pezzo del mio viaggio puzzle, un viaggio che mi sta regalando mille emozioni ma soprattutto un viaggio in cui la realtà si sta dimostrando molto meglio (non si dice, ma rende perfettamente l’idea) del sogno.
Le Cascate del Niagara le conoscono tutti, in molti le hanno visitate, molti ne sono rimasti delusi. Io invece sono felice di averle viste.
Certamente sono una grande macchina turistica, come tutto il mondo ormai. Ogni parte di mondo ha folle di turisti. E ogni turista si lamenta della gente, si lamenta del fatto che “il luogo è poco naturale“, ma poi vogliono l’hotel 5 stelle, pranzo all you can eat e ogni comfort. Il Ngorongoro oggi ha code chilometriche di Defender che scendono all’alba per vedere i leoni; le Tre Cime di Lavaredo sono oggi a pagamento e a numero chiuso. Siamo in tanti, forse troppi e tutti viaggiano. Pochi ahimè sanno viaggiare.
La patente del viaggiatore
Come per la patente di guida, anche per viaggiare servirebbe un patentino. E’ il patentino del “il mondo è da vivere, non da vedere“; del non pretendere di mangiare la pasta ovunque; di non farci selfie in ogni dove; di non uniformare tutto il mondo al nostro standard, perchè nessuno di noi ha la ragione assoluta.
Il vero viaggiatore è chi vede, osserva, apprezza ogni piccolo particolare ma non cerca di cambiarlo. Lo vive e basta. Il viaggiatore è colui che alle Cascate del Niagara non si ferma al primo chiosco, ma attraversa il ponte Arcobaleno e se ne va a spasso nella quiete del Legacy Trail.
Viaggiare è mettersi alla prova. Viaggiare è imparare che si può vivere in modi diversi e tutti sono giusti. Che ci sono mille percorsi per arrivare in cima al monte e mille modi diversi per pronunciare la parola “ciao”. Viaggiare ti fa sentire piccolo, piccolissimo e impotente davanti alla natura. Ma fortunato per poter assistere ad un alba.
Viaggiare dovrebbe farci capire quanto siamo bugiardi: fingiamo di interessarci al mondo ma in realtà non vogliamo rinunciare a nulla. Significa vivere felici anche senza il Wifi, senza aria condizionata e camminando così tanto da aver male ai piedi. Viaggiare rende liberi, liberi da vizi, da manie, da abitudini. Liberi da ciò che crediamo essere essenziale. Liberi. Vivi.
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6 Replies to “Cascate del Niagara: quando la realtà è più bella del sogno”
Che dire, mi hai lasciato senza parole. Foto stupende e parole ancora di più. Non ho mai visto le cascate del Niagara, sono un mio sogno, ma intanto me le sono immaginate leggendoti.
grazie carol, sono certa che realizzerai anche tu questo sogno come ho fatto io .
Che meraviglia di foto e che bello il tuo racconto, mi hai ricordato quando le ho viste da piccola con i miei genitori, ma non ricordavo tanti particolari.Hai una grande dote che è quella di vedere cose che gli altri non notano. sempre bello leggerti
grazie mille Vanessa, mi fai arrossire. grazie per leggermi e per il commento
Grazie Anna del tuo meraviglioso viaggio che ho fatto anch’io leggendo quanto hai descritto! Un abbraccio
Grazie Dani, sono felice che ti sia piaciuto. Cmq sai che ti aspetto qui a braccia aperte, abbraccioni anche a te 🙂