Myanmar: magica serenità d’oriente

Myanmar: magica serenità d’oriente

Last Updated on 14 Settembre 2018 by latartarugavolante

Questo è il racconto del mio viaggio in Myanmar,

un racconto fra stupore, magia e scoperte. Volevamo andare in Asia e fra i vari paesi asiatici abbiamo scelto il Myanmar perchè leggendo nelle guide, ci sembrava un po’ una sintesi dell’Asia e, soprattutto, non ancora rovinato dal turismo di massa. Il Myanmar è un paese incantevole, affascinante, unico.

Rispetto agli altri viaggi, in cui prendevamo un auto a noleggio e da soli visitavamo il paese, questa volta contattiamo una agenzia che opera su tutto il sudest asiatico e con la quale iniziamo una lunga “relazione epistolare”. Alla fine diventeremo amici della nostra signora Do. Dopo aver valutato vari itinerari, dal Myanmar classico al Myanmar adventure, optiamo per un tour con itinerario  personalizzato ed avvalendoci di una guida diversa per ogni località.

Dall’Italia facciamo tappa a Doha e da qui a Yangon. A Doha lo stop e’ di 20 ore, così, leggendo qua e là su vari siti scopro che Qatar, per stopover cosi lunghi, offre camera, vouchers per mangiare, visto per uscire dall’aeroporto e taxi. Mi sembra incredibile ma in effetti, arrivati a Doha, andiamo al banco preposto e ci confermano tutto cio’ e ci consegnano i vari ticket. Perfetto, cosi riusciamo a fare un tuffo in piscina e a riposarci.

YANGON: FRA CAOS ED INCANTO

Ripartiamo il giorno dopo e arriviamo alle 4 di mattina a Yangon

Curiosità: Yangon è stata la capitale del Myanmar fino al 2006. Esattamente dal 27 marzo 2006 la nuova capitale del Myanmar  è  Pyinmana, ufficialmente rinominata Naypyidaw, cioè “sede dei re”.

Qui ci attende il nostro autista che ci prende i bagagli e ci porta al nostro hotel. Anche se sono le 4 di mattina c’e un traffico bestiale. Auto e minibus da ogni parte e motorini scassati, che si intrufolano fra le auto evitando collisioni per un soffio. Bee bee, e’ tutto un frastuono di clackson e anche il nostro autista procede suonando in continuazione. Ma in Myanmar, mi sembra di capire, e’ normale. Non tanto normale per noi vedere che le auto hanno il volante a destra ma guidano come noi a sinistra: che confusione, che strano modo di guidare, sembra di essere storti.

Ci mettiamo circa 40 minuti per arrivare all’hotel.

Noi, ancora stanchi dal viaggio e dall’orario, andiamo in camera mentre l’autista rimane lì in piedi e ci fa segno di salire in auto. Lo guardiamo sbigottiti, guardiamo l’orologio, guardiamo verso la porta e gli facciamo notare che e’ ancora buio pesto, “ma dove vuoi andare…”, sembra non capire. Non parla inglese, non capisce nemmeno una parola di inglese ma alla fine, a gesti, lo convinciamo a ritornare fra due ore, almeno che ci sia un po’ di luce.

La nostra camera e’ al decimo piano, ma il continuo ronzio dei clacson ci impedisce di riposare. Spero che il nostro viaggio in Myanmar non sia tutto così 🙂

Verso le sette il sole fa la sua apparizione accompagnato dal canto di centinaia di uccelli che, dagli alberi del parco davanti a noi, svolazzano a gruppi verso il cielo tinto di giallo. Ok, e’ mattino, definitivamente mattino.

Scendiamo nella hall e ci troviamo davanti l’autista in attesa di portarci a zonzo per Yangon. Sembra preoccupato di non aver fatto il suo lavoro, così cerchiamo di tranquillizzarlo con grandi sorrisi e stingendogli la mano.

Ci porta in centro, caos a mille, suoni, clacson, trombette, un orchestra maldestra. Lungo le strade strette di Yangon troviamo molti “bar” all’aperto, ovvero lunghi tavoli di legno con sopra ciotole fumanti di brodo con carne e gente seduta su sgabelli di plastica scolorata. Fra un bar e l’altro, cani randagi magri che scodinzolano attorno, in attesa di poter mangiare qualcosa.

Viaggio in Myanmar Lago a Yangon

Arriviamo dopo un po’ alla Shwedagon Pagoda.

Prima di entrare ci dicono di toglierci le scarpe e mi fanno segno che io non posso entrare con i pantaloncini corti (no, se si vedono le ginocchia, ok invece per la maglietta). Cosi’ compro, in una delle numerose bancarelle, un pareo verde e oro, mi insegnano come indossarlo e vuala’, sono pronta ad entrare.

La Shwedagon Pagoda e’ enorme, alta circa 100 metri, bellissima e soprattutto d’orata. Oro e oro tutt’attorno che, con il cielo grigio e a tratti illuminato dal sole, sembra ancor piu’ brillante. Statue di budda adornano l’esterno di questo enorme “stupa”.

Si cammina solo in un senso, si cammina scalzi, si cammina volgendo lo sguardo in basso.

Tutte queste regole, tutto il ronzio cupo proveniente dai tanti fedeli inginocchiati in preghiera, creano un atmosfera mistica, magica. Il caos di Yangon e’ un ricordo, qui regna il silenzio, la pace e si sente, come se si toccasse, l’esistenza di un qualcosa di piu’ grande di noi. Senza nemmeno accorgercene siamo rimasti li due ore, sono volate fra buddha, statue, templi grandi e piccoli e tanti fedeli.

Viaggio in Myanmar Swedagon Pagoda

Viaggio in Myanmar donna in preghiera nel templio

Ritorniamo nel caos della citta’, andiamo verso il fiume e arriviamo ad un’ altra pagoda: Botahtaung Pagoda.

Rispetto a Shwedagon questa e’ piccola, ma possiamo entrare all’interno. Rigorosamente a piedi nudi, non c’e pericolo che ti rubino le scarpe, entriamo in silenzio in questo piccolo templio.

Fin da subito capiamo che non e’ molto turistica, non e’ affollata e cosi si riesce anche a vederla bene. All’interno intere stanze d’orate, alcune protette da lastre di plexiglas. Entriamo in una stanza dorata e, aria condizionata a manetta, mi si congelano i piedi. Continuiamo, camminando velocemente per scaldare i piedi, stanze ricoperte di foglie d’oro, monaci in preghiera, grandi cesti di frutta e fiori davanti alle statue, siamo rapiti da questa atmosfera.

Usciamo dalla pagoda dei capelli di Buddha, cosi’ come viene chiamata e cerchiamo di scaldarci i piedi.

Prima di uscire mi fermo per il mio rituale del compleanno, che non e’ la data, ma il giorno della settimana in cui si e’ nati: una statua di animale (nel mio caso un maiale) da bagnare con un piccolo mestolo di ferro. Otto volte, va fatto otto volte affinche’ porti la grazia. Il numero otto e’ un numero simbolo in Myanmar, otto i giorni della settimana (tagliano il mercoledi’ in due), otto le energie, otto i petali del fior di loto. Ci mettiamo a ridere quando scopriamo che Frank e’ un ratto, io saro’ anche un maiale, ma tu sei un ratto ah ah ah.

Procediamo per le vie di Yangon, un’altra Pagoda ed un’altra ancora, più piccola, ma non vi tedio con tutta la descrizione, sono tutte molto simili e le prime due, secondo me, sono assolutamente da visitare, le altre sono piccole repliche. Ognuna ha un suo buddha, ha una storia affascinante, ognuna ha i suoi fedeli. Rientriamo in hotel, chiudiamo le valigie pronti per volare a Bagan, città emblema del Myanmar.

BAGAN- LA MAGIA DEI SUOI 2000 TEMPLI , LA GENUINITA’ DELLA SUA GENTE

L’aeroporto domestico di Yangon e’ anonimo, piccolissimo, affollato di gente di ogni tipo e soprattutto caldissimo, appiccicaticcio.

Arriviamo a Bagan al mattino, qui ci aspetta la nostra giovane guida, un ragazzo eccezionale con il quale facciamo amicizia, Saw Linn, Mr Saw. Ha 24 anni, parla correttamente inglese, fa la guida da alcuni anni e, soprattutto, ascolta i clienti: gli chiediamo di portarci a vedere la vera Bagan, non quella turistica, ma quella della vita semplice della gente. Sorride, ha un sorriso puro, gli occhi grandi neri che ti guardano fisso, come di chi sa quello che vuole, capelli neri con il ciuffo a destra e le mani che stringono forte (non quelle pappamolla di qualcuno, non so se vi e’ mai capitato di stringere la mani e queste sono senza muscolo, sembra di stringere una foglia bagnata fradicia, brutta sensazione).

Bagan e’ unica, un incredibile luogo di tranquillita’.

Myanmar pagoda a Bagan

Ci sono templi, pagode e stupa in ogni angolo, ognuna diversa, grandi e piccole, tonde e ottagonali, fatte di sasso e mattoni. Alberi verde scuro, cespugli d’orati e qua e la’ spiccano i tetti appuntiti rossi arancione dei templi. Mai visto nulla del genere, mai provato sensazioni simili. Si ha l’impressione di essere catapultati in un tempo passato, in un tempo che si e’ fermato.

Poche macchine, poche le strade asfaltate, terra e sabbia, polvere mossa dai carri e dalle mucche. I primi portano a spasso i turisti, i secondi trascinano grandi rami d’albero tagliato o ceste di frutta da vendere al mercato. Faccio fatica a descrivere tutto questo, va vissuto, va semplicemente visto in silenzio. Saw ci porta al tempio di Bagan, e poi a quello di Ananda, particolare per la cupola bianca e alla Shwesandaw Pagoda, uno dei templi più noti di tutto il Myanmar.

Myanmar balloning over Bagan al mattino

In ogni tempio Saw ci spiega la storia, ci parla del significato dei diversi Buddha, ci racconta delle grandi imprese per ricostruirli. Dalle sue parole e dall’atmosfera che si vive in ognuno di questi templi, sembra di toccare la fede, si e’ come abbracciati dalla delicatezza, dalla magia. Questi templi, pagode e stupa (attenzione a non sbagliare, sono ben diversi fra di loro) sono di una bellezza incredibile, nulla a che fare con quelli di Yangon. Ci spostiamo con il carro. Anche questo lento andare rende ancora piu’ magica l’atmosfera.

Myanmar templio a Bagan

Myanmar templio affollato

Di sera, poi, al calar del sole, il cielo tinto di rosso crea una atmosfera particolare. Sui templi si vedono teste, tanti puntini colorati aggrappati ai mattoni arancioni che via via diventano rosso carminio, viola fino a non vedersi piu’. Uno dei tramonti piu’ belli che mai si possano vedere. Anche noi saliamo su uno dei templi, ma non e’ così semplice, la scalinata e’ irta, quasi perpendicolare al terreno, tanto che per scendere, e non cadere, decido di venir giu con il sedere.

Oggi Balooning over Bagan, una delle cose più incredibili del viaggio in Myanmar.

Viaggio in Myanmar, pronta per il balloning

viaggio in Myanmar balloning over Bagan in viaggio

Sveglia alle 4 di mattina, ci vengono a prendere all’hotel, colazione a lume di candela, spiegazione di come comportarsi una volta in volo e via. Saliamo sulla mongolfiera. La mongolfiera gialla, giallo brillante, inizia lentamente a salire. Fa freddo.

Nel cielo ce ne sono tante altre, gialle verdi e rosse. Lingue di fuoco nel cielo ancora blu scuro. Svolgiamo lo sguardo verso sinistra e un pallido sole inizia a fare il suo ingresso, lento, lento come il nostro movimento. La nebbia nasconde la terra sotto di noi , lasciando trasparire solo le punte dei templi. E’ un paesaggio incantato. Nessun rumore, nessun suono, solo il nostro respiro.

Myanmar balloning over Bagan alla partenza

Mano a mano che il sole sorge, la nebbia si dirada mostrandoci gradatamente le stradine, le case, e i templi nella loro interezza. Dopo circa un ora e mezza di dolce fluttuare, scendiamo lentamente fino a toccare terra. Qui ci aspetta un banchetto con torta e champagne. Ci danno anche un regalo, un attestato e una chiavetta con il volo appena fatto. Ritorniamo soddisfatti al nostro lodge.

L’avventura in mongolfiera è una delle cose più affascinanti e toccanti che abbia mai fatto. Costa? Si, non è certamente gratis, ma se il viaggio in Myanmar vi porta a Bagan, bisogna assolutamente ritagliarsi il tempo per sorvolare, silenziosamente, sopra l’incanto della pianura fatta di cupole e templi.

Myanmar a baloon over Bagan

Myanmar balloning over Bagan

Tutta la notte avevamo sentito una musica altissima, veramente molto alta, con canzoni locali e musica che, per le mie orecchie,  sembrava stonatissima, come se qualcuno suonasse chitarra e piano con note impossibili.

Avevano iniziato a mezzanotte, noi poi ci siamo alzati alle 4 per il balooning e ora, dal lodge, la sentivamo ancora.

Decidiamo di andare verso quella musica per capire cosa fosse.

Sembrava che fossimo gli unici a sentirla, nessuno del lodge se ne preoccupava. A piedi andiamo fuori dal lodge ed entriamo, attraverso un arco alto bandito a festa, in un villaggio. A destra e sinistra piccole case dal tetto in paglia, senza muri, solo con grandi panche quadrate dove sono appoggiate delle coperte e davanti alcune sedie ed una televisione. Null’altro. Queste sono le case.

Da una di esse un signore ci saluta, così ci avviciniamo ed il signore inizia a parlarci, ci indica due ragazzi che capiamo essere i figli e poi, tutto contento e fiero, ci parla di questa festa. Noi non capiamo assolutamente nulla, sta parlando in birmano, che non ha nulla a che fare ne’ con l’inglese ne’ con altre lingue a me note.

Ci spostiamo assieme a lui verso il centro del villaggio, da dove proviene la musica. Qui, inaspettatamente, troviamo una piazzetta vuota ed un ragazzo che fa da dj. Nessun altro, solo lui e la musica a palla. Da non crederci, musica altissima e solo questo ragazzo. Fuori, sono fuori mi dico.

Per fortuna arriva un monaco con la tunica rossa che, in inglese, ci spiega che stanno festeggiando la nuova casa dei monaci, il nuovo monastero.

E’ un evento per il villaggio.

Dopo tanti anni, dopo aver raccolto le offerte, sono riusciti a costruire questo grande palazzo. Tutto quel rumore, quel fastidioso suono, tutt’un tratto e’ diventata una musica dolce. Ci invita ad entrare. Una lunga scalinata ci porta su, al primo piano. Davanti a noi un ampio salone con tante finestre e nel mezzo bassi tavolini rotondi color legno dove mangiare. Ci mostra orgoglioso le offerte ricevute, ovvero cuscini, coperte, uova e frutta, accatastate in fondo alla sale. Arrivano altri monaci con larghi vassoi di ferro sopra la testa e pieni di cose da mangiare.

Il monaco ci racconta che ogni mattina, verso le sei, i monaci giovani vanno in giro per il paese con il vassoio sopra la testa e suonando una campanella. Le persone del villaggio si avvicinano e mettono sul vassoio quello che hanno: uova, riso e banane generalmente. Poi fanno ritorno alla loro casa e condividono con gli altri monaci il cibo. Staremmo ore ad ascoltare il giovane monaco, ha la testa rasata, il fisico asciutto e grandi occhi tondi marrone scuro. Trasmette serenita’, ti fa sentire come se fossi un vecchio caro amico. E’ una bella sensazione, una di quelle sensazioni che mi porterò a casa. Sono quelle emozioni che, ogni volta che sarò triste, aprendo il cassetto di quel giorno, mi regaleranno felicita’ e mi ridaranno il sorriso.

La semplicita’ della loro vita e’ complessa per noi, un ossimoro che rappresenta la grande diversita’ del nostro mondo rispetto al loro. Ma chi sta meglio? Chi e’ piu’ felice? Entrambi diversamente.

Siamo ancora a Bagan con Saw e oggi andiamo a spasso con il carretto per i villaggi.

Andiamo nel villaggio dove vive Saw. Tutti lo salutano. Ci porta a casa sua dove sua mamma ci ha preparato del tè con i biscotti. Fissiamo terrorizzati quel bicchiere marroncino, dobbiamo berlo, mi dico, altrimenti si offendono.

Al solo avvicinare il bicchiere al naso mi viene da vomitare, un odore sgradevolissimo ed il gusto, ancora peggio. Faccio, ahimè, la faccia disgustata, non riesco a fingere, fa veramente tanto schifo. Saw ride e ci dice “immaginavo che non vi piaceva, ha un sapore particolare”. Decido di rifarmi la bocca con i biscotti, ma peggio. Non sono biscotti dolci, sono della pastella fritta con dentro qualcosa di indecifrabile, acido misto a bruciato. Prendo il tovagliolo, sputo questa cosa senza farmi vedere e dico “good, very good,  i like it”. Saw fa cenno di darmene ancora ma lo blocco e gli  dico “ho appena fatto colazione, me lo porto via per dopo”. Sono salva.

Maynmar mercato

Continuiamo a camminare per le stradine polverose del villaggio.

Incontriamo un signore intento a tagliare, con maestria, lunghi bastoni di canna di bambù per farne liane, da intrecciare per i costruire i tetti. Con i piedi tiene la canna e suuuuuk, con una grande falce taglia la canna in sottili falde, lo facessi io così avrei gia’ il piede a pezzettini. Piu avanti un odore acido, forte, attira la nostra attenzione: dentro il giardino di una casa sopra un ampio telo, della frutta rossa, simile a ciliegie, e’ distesa a seccare. Saw ci racconta che e’ tamarindo, che qui viene utilizzato per fare delle salse o per le caramelle. Ahhh ecco di cosa sono fatte quelle buonissime caramelle che alla sera ci portano al ristorante! Cosi’ buone lì e cosi’ puzzolenti qui.

Dal tamarindo arriviamo al centro del villaggio e, come ogni giorno, c’e il mercato. Lungo la strada decine e decine di motorini, nella piazzetta montagne di verdure. Donne con i copricapi colorati urlano per promuovere la loro mercanzia: chi vende cavoli enormi, chi cipolle rosse, chi cespi grandi di insalata. Piu’ in la’, c’è chi vende strani frutti verdi e chi ancora uova, pomodori, riso e spezie, tantissimi tipi di spezie.

Ci addentriamo in questo pullulare di colori e arriviamo al reparto carni. Pezzi enormi di carne appesi, rallegrati da mosche che sembrano danzare su di loro. Sotto, cesti di paglia pieni di pesce secco, il cui odore non invita certo a mangiarlo. Tutti hanno un loro banchetto, tutti strillano qualcosa. Un caos ordinato.

Myanmar mercato di banane

viaggio in Myanmar veduta di Bagan

Al pomeriggio prendiamo la barca e facciamo una mini crociera sul Irrawaddy.

Questo lungo e largo fiume, è il fiume principale del Myanmar e collega Mandalay a Bagan, per poi sfociare sull’oceano.

Noi navighiamo verso nord, verso Mandalay. Il fiume e’ piatto, e’ color azzurro grigio tendente al marrone. Da una parte si intravedono i templi, dall’altra degli isolotti abitati.

Decini di barche ricolme di gente e motorini attraversano il fiume, ritornano a casa, ci racconta Saw. Il sole inizia a salutarci, dall’alto dirupo vediamo sagome nere di donne con cesti sopra la testa camminare. Ombre perfette, sagome sinuose che sembrano danzare sopra la collina.

Dalla punta della barca il cielo si fa giallo, illuminando gli alberi e le punte delle pagode fino a tuffarsi nel fiume. Nella barca Saw ci offre uno spuntino: foglie di te al vapore, squisite, pezzettini di aglio e noccioline. Tè verde, per fortuna, questa volta da bere.

viaggio in Myanmar donne

Myanmar lungo l'Irrawaddy

Purtroppo oggi salutiamo Saw e questo indimenticabile posto. Bagan dai 2000 templi, Bagan con la sua energia delicata, Bagan con la sua gente rispettosa e fiera, Bagan posto unico al mondo.

PINDAYA – IL MYANMAR PIU’ VERO

Seduti all’aeroporto di Bagan attendiamo in silenzio l’aereo.

Non ci sono segnali o cartelli, ma solo una voce che, urlando in lingua locale, dice qualcosa. E’ passata mezz’ora dall’orario indicato e ancora siamo li. Mi alzo e vado verso un signore che tiene in mano una grande pala con un cartellone tutto bianco, gli mostro il nostro biglietto (un adesivo tondo color blu appiciccato alla manica della maglietta, questo era il boarding pass) e mi segna un aereo. Ops, e’ il nostro volo, corriamo verso l’aereo e saliamo. Il motore inizia a riscaldarsi quando vediamo dal finestrino le nostre due valige a terra e due giovani, che di corsa le stanno portando in aereo. Uhff che fortuna.

Arriviamo a Heho, paesino al centro del Myanmar.

Altra guida che ci attende. Facciamo circa 2 ore di macchina in mezzo a campi di grano e mucche al pascolo. Arriviamo finalmente a Pindaya, principale paese agricolo del Myanmar e ci fermiamo al Pindaya Inle Inn, il nostro alloggio per questi giorni.

Nel pomeriggio andiamo a visitare la famosa Pindaya Cave, ovvero buddha in tutte le salse. E’ pieno di pellegrini, provenienti da tutto il Myanmar, che salgono i 200 gradini che portano alla Shwe Oo Min Pagoda.

Fa caldo, afa, e non si puo’ entrare in pantaloncini. Mi metto la gonna lunga che avevo nello zaino, ci togliamo per l’ennesima volta  le scarpe , ticket e vai. Fin dall’inizio rimaniamo a bocca aperta davanti alle numerose statue d’oro raffigurante Buddha. C’e molta gente ma regna il silenzio. In molti si inginocchiano davanti al loro Buddha e pregano. Noi passeggiamo in mezzo, Buddha piccolissimi, Buddha grandi, Buddha enormi. La grotta sembra non finire mai e si vedono Buddha ad ogni centimetro. A fatica si vede la roccia bianca della grotta. Si dice che ce ne sono oltre 8000, ma sfido chiunque a riuscire a contarli tutti.

Myanmar Pindaya cave

Myanmar Pindaya

Questa mattina sveglia alle 8, il  trakking ci aspetta.

Dal lodge in auto, passiamo davanti a due grandi monasteri dove vediamo monaci dalla tunica rosso scura dissodare il piccolo orto e giovani monaci  giocare a pallone nel cortile davanti. Dopo mezz’ora arriviamo ad una curva da dove iniziamo il cammino. La strada e’ battuta, larga, si va via spediti.

Ci fermiamo in una casa dove preparano il tè. Enormi montagne di foglie di te verde scuro vengono bollite in grandi paioli di rame e poi distesi su dei tappeti di tessuto. Le donne, attorno alla montagna di te, puliscono le foglie scartando quelle brutte. Ci offrono del tè caldo e del tè bollito (come spinaci in umido per capirci) con l’immancabile aglio. E’ buonissimo, e’ molto tenero, ha un sapore dolce con un retrogusto asprigno.  Mi impressiona vedere che dentro quella stanza buia e calda, gia’ a quell’ora di mattina, c’e la televisione accesa ad alto volume (tv di quelle grosse, tipo vecchio).

viaggio in Myanmar lavorazione del te

Continuiamo il cammino, la strada e’ diventata un sentiero i mezzo a piantagioni di tè, e’ irta, piena di ciotoli e buche e fa tanto caldo. I nostri zaini e l’attrezzatura fotografica iniziano a pesare piu del solito.

La nostra guida non mi sembra in formissima.

Sorrido quando mi giro e vedo, dietro di me, a dieci metri, Frank e la guida che camminano lentamente, sembrano fermi, sguardo basso e senza parlare. Ad un certo punto Frank mi dice “ma quando arriviamo? Dove dobbiamo arrivare? ” ed io “boh, ma manca una curva, ancor una curva” mi sembra di essere mia mamma quando da piccola vomitavo in macchina per andare in montagna e mi diceva esatamente la stessa frase. Fatto sta che arriviamo ad un casa, siamo arrivati e invece no.

Qui si aggrega a noi un giovane che ci fa da traduttore per il villaggio dove dobbiamo arrivare. Così noi parliamo in italiano, in inglese chiediamo alla guida, che a sua volta in birmano chiede alla guida 2 che a sua volta in dialetto parla con la famiglia. Beh, speriamo di non aver domande urgenti.

Oramai e’ mezzogiorno e siamo ancora in cammino, sempre piu’ su. Frank, stanco morto, cammina dicendo continuamente “non parlarmi piu’ di questa cosa con la T “, “mai piu’ sta cosa che inizia con  T” (T=trekking). Mi vien da ridere e questo mi toglie ancor di piu le forze.

E’ l’una, finalmente arriviamo sul cocuzzolo della montagna. Da li un paesaggio incantevole, quadrati rossi, arancioni, verdi marroni dei vari campi coltivati, sembrano un grande enorme patckwork.

E, soprattutto, siamo arrivati al villaggio, o meglio alla casa.

Ci aspettano un signore e una signora di circa 40 anni, dal viso tondo e allegro e due bambini in pantaloncini corti che giocano andando su e giu da una sedia. La casa e’ una casa di mattoni e legno formata da una grande stanza buia con due finestre e in un angolo un fuoco per terra con alcune pentole fumose.  Sul fianco una stanza piu’ piccola, dove vediamo pale, secchi, arnesi per coltivare il piccolo orto. Ci preparano un tavolo all’esterno. Che carini, ci hanno messo anche due fiori gialli.

Fa un caldo atroce anche se siamo a circa 2000 metri. Imbandiscono la tavola con piatti di carne e polenta bianca, un grande teglia con riso bianco, un tegame di cavolfiori cotti e foglie di the e un piatto con fagioli bianchi che sembrano dei vermi. Abbiamo cosi tanta fame che mangiamo tutto senza dire nulla. E’ tutto squisito. Tenero e saporito. E’ l’uomo che ci seve, la donna rimane dentro la stanza e continua a cucinare.

Finito di mangiare ringraziamo la coppia e salutiamo i bambini. Sono stati gentilissimi, ci hanno accolto a casa loro, ci hanno cucinato ottimo cibo e in cambio la guida gli ha portato dei sacchi di riso. Erano felici anche loro.

Ripartiamo, pancia piena e riposati e scendiamo.

La via ora e’ piu facile, scendiamo a passo svelto e nel giro di tre ore siamo gia’ al paese.

Facciamo sosta ad una casa dove fabbricano ombelli e oggetti di carta. Ci mostrano orgogliosi il loro lavoro, i passaggi per realizzare manualmente questi favolosi ombrelli: strizzano la pianta, poi la mettono su una larga vasca ricolma d’acqua. Aggiungono petali di fiori, tirano su una intelaiatura di legno e la lasciano essicare. Da un altra parte un signore con un macchinario strano, incastra i vari pezzi di legno che danno forma all’ombrello. Spettacolare. Anche oggi ho imparato qualcosa, il Myanmar mi riserva ogni giorno delle sorprese.

viaggio in Myanmar lavorazione del cotone

viaggio in Myanmar Pindaya a spasso con le mucche

LAGO INLE E L’ACQUA COLOR ARGENTO

E’ tempo di andare al Lago Inle.

Viaggio in auto fino al mercato di Phaung, dove ritroviamo quei colori, suoni e odori del mercato di Bagan.

Da qui in barca fino al nostro lodge. Percorriamo con la barca a motore una lunga via d’acqua marroncino fino ad arrivare al Inle Lake. Sembra argentato. Uno specchio d’argento. Ai lati i giardini galleggianti sembrano dondolare al nostro passaggio. Pescatori con le barche a remi si spostano alla ricerca di pesci. Altre barche piu’ grandi, piatte, ricolme di alghe verdi, si muovono lentamente verso la riva. E’ tutto un pullulare silenzioso di persone, di barche, di vita.

Se penso al fragore, al rumore assordante di Yangon, qui mi sembra di essere diventa sorda.

Ora la nostra guida e’ il nocchiere. Ci porta al nostro lodge che si trova sul lago e ha le camere sopra delle barche di legno. Unico, gran bella scelta di lodge.

Nel pomeriggio facciamo un giro per il lago con la nostra barca di legno verde chiaro.

viaggio in Myanmar Lago Inle addetto alle alghe

La guida ci porta ad un monastero sull’acqua. Qui e’ tutto sull’acqua’ . Il monastero e’ un grande edificio di legno scuro, fatto a palafitta e all’interno bellissime statue di Buddha e gatti. Ci sono decine e decine di gatti che saltano da una parte all’altra.

Rientriamo verso il lodge al tramonto. Il sole giallo scuro illumina i cesti dei pescatori che ora pescano in mezzo al lago. Usano queste grandi nasse, che adagiano sul fondo del lago e poi battono forte sull’acqua con il remo in modo da spaventare i pesci e farli entrare nella trappola.  

Sono i famosi pescatori che, per spostarsi, tengono il remo con i piedi anzichè con le mani . Sono un’icona del Myanmar.

E’ affascinanate vederli muoversi, nel silenzio magico di quel lago.

viaggio in Myanmar Lago Inle pesca al tramonto

Viaggio in Myanmar Lago Inle donne a passeggio

Viaggio in Myanmar ,Lago Inle al tramonto

Le loro sagome disegnate da sole al tramonto, la delicatezza con cui spingono la gamba sfiorando appena l’acqua, sembra un dipinto vivo.

Stare li seduta nella piccola barca verde, infreddolita dal sole che ha finito la sua giornata, con le guancie ancora calde del pomeriggio trascorso, ad ammirare estasiata questo paesaggio che non sembra vero,  e’ suggestivo.

Le ore scorrono senza accorgermene. Barche che sembrano foglie appoggiate sull’acqua, acqua che sembra fatta di mercurio, lunghe punte nere incorniciano il lago e all’orizzone sagome di palafitte che nel buio appaiono come grandi palazzi. In quella magia tutto e’ pacato, tutto ha un suo posto, tutto e’ delicatamente sospeso. Un senso di armonia, di riconciliazione con la natura. In quel momento avrei voluto fermare il tempo, tanto stavo bene, tanto mi sentivo addosso una calma vitalita’.

Myanmar Lago Inle donna alla guida

Viaggio in Myanmar, Lago Inle tipica cesta

Il giorno dopo navighiamo per i villaggi del lago Inle.

Alte case a palafitta, ognuna con il proprio giardino galleggiante e irte scale di legno che portano dall’acqua  alle camere. Incrociamo alcuni ragazzi che vanno a zonzo ridacchiando con la loro nuova barca a remi, altri che si tuffano giu’ dalle scale fin nell’acqua e un signore, accovacciato sulle scale, che si lava i denti.

Viaggio in Myanmar, Lago Inle pescatore in viaggio

La vita trascorre lenta qui, non si puo’ correre, ma forse nemmeno lo vogliono. Saliamo su una palafitta dove alcune signore sono intente a fare i sigari. Una signora anziana, ricurva, con una camicia a quadretti, prende uno di questi sigari, grandi, grossi e bianchi, lo accende ed il mozzicone, bruciando, sembra un anello di fuoco che incornicia le rughe del suo viso.

Viaggio in Myanmar, lavorazione del sigaro

viaggio in Myanmar, Lago Inle pescatore in azione

Procediamo per le viuzze d’acqua. Entriamo in una fabbrica di tessuti di fior di loto e cotone. Visitiamo un orto galleggiante con tanto di pomodori e grandi cespi di insalata. Vediamo una grande Pagoda d’orata nella piazza centrale di un villaggio.

Viaggio in Myanmar, Lago Inle giarini galleggianti

Qui tutta la vita ruota attorno a questo incantevole, unico e mistico lago. Ogni sera usciamo per vedere i pescatori “leg rowing” danzare sul lago. Non me ne andrei mai, si respira vita, semplice vita.

Viaggio in Myanmar , Lago Inle pescatore e rete

viaggio in Myanmar, Lago Inle pescatore con cesta

NGAPALI BEACH – LE SPIAGGE DEL MYANMAR

Dal lago Inle  dobbiamo partire ahimè, ma ci aspetta un altra faccia del Myanmar, le spiaggie di Ngapali Beach.

Volevamo andarci in macchina non ce lo hanno permesso, troppo pericoloso perche’ nelle foreste in centro Myanmar ci sono trafficanti di droga, quindi altro piccolo volo fino a Ngapali.

A Ngapali Beach ci rilassiamo e soprattutto ripensiamo a questo viaggio strano. Strano rispetto altri viaggi, strano perche’ ci siamo lasciati guidare piuttosto che viaggiare da soli, strano per le diversita’ incontrate ma sopratutto magico.

Fatico a trovare le parole giuste per descrivere il Myanmar, se non magia, pace, armonia e serenita’. Yangon, cosi’ caotica e rumorosa, Bagan che sembra appena uscita da un libro di storia, Pindaya con la  vivacita’ dei suoi paesaggi, il vero vivere birmano ed il Lago Inle, come un grande dipinto argentato, pacato, avvolto da un silenzio vivo.

Questo e’ stato il mio viaggio in Myanmar,

un paese che mi ha lasciata incantata, mi ha raccontato, con la sua semplicità, quanto sia unica, magica e coinvolgente la vita.

Viaggio in Myanmar , Lago Inle riflessi di pescatore

viaggio in Myanmar, balloning over Bagan vista dall'alto

Viaggio in Myanmar templi di Bagan al mattino

16 Replies to “Myanmar: magica serenità d’oriente”

  1. Mamma mia che spettacolo incredibile! sto pensando di andare il prossimo anno un pò di tempo in sud est asiatico e sinceramente non so se includere nel giro anche il Myanmar. da quello che scrivi, però sembra che perderei tanto se non ci andassi!

  2. Rimango sempre senza parole leggendo le vostre avventure nei luoghi che visitate. Ho sempre sognato di poter sorvolare una regione con la mongolfiera: vi ODIO! 🙂 Ovviamente scherzo: vi ammiro tantissimo, invece!

    1. Grazie Raffy, la mongolfiera era uno dei tanti sogni e qui era proprio da fare. Abbiamo evitato cene superlussuose, ma il baloon è spettacolare qui.

  3. Che meraviglia questa terra, è da un po’ che sento il richiamo dell’Asia ma ancora non sono riuscita ad andarci, chissà se per le ferie estive dell’anno prossimo…

  4. Bellissimo il tuo racconto! Mamma mia che voglia di andare in questi posti, così diversi, così lonatni, così densi di spiritualità e significato.

  5. TI commento anche qui poichè il Myanmar è uno dei posti che porto nel cuore essendo che ci siamo stati da poco……ho girato un pò sul blog, abbiamo molti punti in comune, le foto ovviamente in primis…. a presto!!

  6. Che voglia di partire che mi è venuta! Il Myanmar sarà quasi sicuramente la mia prossima destinazione nel Sudest asiatico. L’idea di visitarlo mi mette quasi un po’ di timore, non vorrei che le mie aspettative (altissime) andassero deluse. Vedendo le tue foto però sono fiduciosa 😉

  7. Se tutto va bene partirò per un itinerario simile ad agosto, so che non è il momento più favorevole, ma quello ho. Sono davvero curiosa di vedere il lago Inle, dove dovrei soggiornare 3 notti. Qualche consiglio su cosa non devo perdermi assolutamente?

    1. Come ho scritto il myanmar è veramente magico. Il consiglio è di viverlo con i locali, fermarti nei loro bar, prendere una bicicletta e girare bagan con calma, usare le barche dei pescatori al lago inle…con loro vedrai il myanmar cosi come è, magico. Evita i posti turistici e, anche se costoso, fa il giro in mongolfiera…è un emozione indescrivibile. Buon viaggio con tutto il cuore

  8. ovvero lunghi tavoli di legno con sopra ciotole fumanti di brodo con carne e gente seduta su sgabelli di plastica scolorata, welcome to Asia baby! che spettacolo tutto! il thé preso per non offenderli é dura eh…soprattutto se i bicchieri sono sporchi. Ascolta ma quella foto con i colori? dove l´hai scattata? é un paese in lista, prima o poi…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.